I SUMERI

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view post Posted on 21/1/2020, 14:03
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Epoca protodinastica o paleosumerica (2900-2370)

Epoca sargonide (2350-2150)

Rinascita sumera sotto la III dinastia di Ur (2150-1950, ma secondo la cronologia media: 2112-2004)

Epoca babilonese ((1700-1100; 612-539 a.C.)

Prima dei Sumeri

Intorno al 6000 a.C. la parte più meridionale della Mesopotamia (tra l'odierna Baghdad e il golfo Persico, a nord; dai monti Zagros all'Elam, a est, mentre a sud-ovest il deserto siro-arabo) non esisteva come terraferma, essendo costituita da paludi e acquitrini, con molti pesci e uccelli. Praticamente la zona sud-babilonese è nata grazie ai depositi alluvionali dei due principali fiumi, Tigri ed Eufrate.

Il clima di questa zona è sempre stato molto caldo d'estate, piovoso in autunno e in primavera, asciutto per circa otto mesi.

I due fiumi nascono dalle alture dell'Armenia e, nel tratto superiore del loro corso, scorrono lontani l'uno dall'altro, mentre si riuniscono al momento di sfociare nel golfo Persico.

La terra di Sumer (e di Accad) si formò nella parte meridionale, in una landa di arido fango, di acquitrini con canne e di paludi stagnanti per un'estensione di circa duecento miglia, dove i due fiumi divergono ancora. In una terra così sarebbe stato impossibile seminare qualunque cosa senza aver prima deviato o drenato le acque dei fiumi.

L'agricoltura fece la comparsa nei fertili altipiani del Vicino Oriente intorno al 5000 a.C. Lungo i fiumi Tigri ed Eufrate verso il 4000-3500 a.C. La presenza dei primissimi insediamenti umani (non dediti all'agricoltura) nella regione più meridionale della pianura alluvionale mesopotamica risalgono al 5300-4900.

L'origine dei Sumeri

Intorno al 4000 a.C. i Sumeri ("gente dalle teste nere") vivevano sui monti a nord della Mesopotamia (monti Zagros, che appartengono ad Armenia e Iran), nell'altopiano iranico, vicino all'attuale confine con la Turchia. Poi verso il 3500 a.C. questa popolazione sarebbe scesa dai monti per occupare la bassa Mesopotamia, alla confluenza del Tigri e l'Eufrate (odierno Iraq sud-orientale).

Verso la fine del III millennio avvenne la fusione definitiva della popolazione sumerica con quella semitica. Le varie tribù semitiche costituivano a quel tempo la principale massa della popolazione di pastori dell’Asia occidentale; il loro territorio comprendeva la steppa siriana, la Palestina e l’Arabia.

Nel IV-III millennio a.C. queste e altre tribù della zona erano in grandissima maggioranza formate da agricoltori montani stanziali e pastori semi-nomadi che vivevano ancora nelle condizioni sociali della comunità primitiva.

I Sumeri sono i primi a far nascere, in Mesopotamia, la civiltà patriarcale e schiavile, sostituendo progressivamente quella matriarcale ed egualitaria, ancora ferma al neolitico. Che cosa li abbia spinti a lasciare terre fertili per accedere a un luogo arido e paludoso non è dato sapere. Se fossero stati dei mutamenti climatici abbastanza seri, avremmo dovuto avere notizie di altri popoli migranti. Ipotizzare che siano stati cacciati da altre popolazioni schiavistiche ha poco senso, poiché lo schiavismo è sempre accompagnato dalla scrittura e non abbiamo fonti che documentino una cosa del genere. Non resta che pensare a una rottura traumatica con una popolazione arcaica, non-schiavile e quindi priva di scrittura.

Ma se è stato così, bisogna presumere che all'interno della tribù sumerica vi fossero già i presupposti della sua evoluzione verso lo schiavismo come sistema sociale di vita. Si può forse presumere che nell'antica comunità di villaggio (cui appartenevano i Sumeri) vennero ad un certo punto emergendo le figure dei guerrieri, che si distinguevano per la loro abilità nella caccia. Una qualche stratificazione sociale doveva esserci già in partenza e non è da escludere che si riflettesse nei rapporti tra uomo e donna. E' vero che fino all'età protodinastica non vi erano sostanziali differenze tra i diritti maschili e quelli femminili, ma è anche vero che subito dopo le differenze a sfavore delle donne si fanno sentire pesantemente, anche se quelle appartenenti a famiglie reali continueranno a svolgere funzioni sacerdotali per molto tempo.

Considerando che qui ci si trova ancora nel periodo del Neolitico, va detto che le armi principali che caratterizzavano questi guerrieri erano l'arco, la lancia e, al massimo, il carro tirato da asini. Diciamo che nel corso del IV millennio conoscevano sicuramente l'uso del rame, della ruota e dell'aratro, nonché dell'argilla e della ceramica e, cosa molto importante, conoscevano l'uso dei sigilli per distinguere la proprietà privata da quella pubblica. Poi, nel corso del III millennio apprenderanno l'uso del bronzo, con il quale potranno creare spade, asce ed elmi, e intorno alla metà del II millennio a.C. dal vicino Egitto arriverà l'uso del cavallo. Per misurarsi nella forza e nell'abilità i guerrieri si servivano di duelli e, per difendersi, del cameratismo maschile.

Si può insomma presumere che in una determinata porzione di territorio (dei monti Zagros), in cui, per un motivo o per un altro, era diventato difficile trovare cibo per tutti, invece di cercare una soluzione di compromesso, che salvaguardasse le fondamenta dell'antica comunità primitiva, una parte della popolazione, che prese poi il nome di Sumeri, scelse la strada di un affronto più radicale e autoritario del proprio problema, un modo di porsi che la costringerà poi a compiere una scelta dolorosa: l'esilio in massa.

Grandi migrazioni di popoli si erano verificate sia sotto il paleolitico che sotto il neolitico, ma non per questo si assiste alla formazione di un sistema economico in cui viene sfruttato il lavoro altrui. Lo schiavismo non poteva essere considerato un sistema di vita facilmente accettato da popolazioni abituate a vivere in libertà. E' pertanto da escludere ch'esso si sia formato come effetto inevitabile della particolare conduzione tecnica e lavorativa delle opere di irrigazione e canalizzazione. Sarebbe come dire che quelle terre aride potevano essere rese fertili solo da una società divisa in classi. I germi della discriminazione sociale i Sumeri se li erano portati con loro sin dal momento in cui avevano deciso di lasciare le montagne dell'Iran e dell'Armenia.

Non furono le particolari condizioni sfavorevoli delle terre paludose a rendere necessaria una organizzazione collettiva del lavoro: questa l'avevano già. Si dovrebbe anzi sostenere il contrario, e cioè che il frutto del lavoro collettivo su quelle terre, non esistendo più una piena democrazia sociale tra i Sumeri, porterà alla nascita di una determinata proprietà privata e alla trasformazione della proprietà pubblica in proprietà statale (prima templare, poi anche palaziale) in cui la maggior parte degli agricoltori liberi ad un certo punto cominciò a svolgere un ruolo da salariato rurale.

I problemi del territorio

I Sumeri erano stati costretti, in qualche modo, a vivere in una zona arida, paludosa, priva di foreste, di pietre, di legname, di minerali, dove le piogge erano e ancora oggi sono a carattere stagionale, con soli due grandi fiumi, il Tigri e l'Eufrate, che, scorrendo molto lentamente, a causa della scarsa pendenza del suolo, straripavano facilmente, producendo, come accadeva col Nilo egiziano, un fango che verrà molto usato nelle costruzioni edilizie e nelle tavolette d'argilla per la scrittura.

Poiché le inondazioni, invernali e primaverili, erano intervallate da lunghi periodi di siccità, durante i quali i due fiumi potevano rimanere in secca, il problema dell'acqua fu sempre una delle maggiori preoccupazioni per il popolo sumerico, e di conseguenza una delle principali cause degli scontri fra le varie comunità e città mesopotamiche.

La trasformazione del territorio

Senza la costruzione di dighe, argini e canali sarebbe stato impossibile sfruttare quei fiumi per costruire una civiltà che nulla avesse a che fare con le antichissime comunità di villaggio. Fu l'agricoltura irrigua, inventata dai Sumeri, che fece diventare fertile quella zona. Il terreno alluvionale della vallata era tenero e friabile, e le sponde erano basse; per questo si potevano costruire anche con attrezzi non perfezionati canali e dighe, serbatoi, argini e sbarramenti. Tutti questi lavori di bonifica esigevano una grande quantità di mano d’opera e quindi l’unione costante di molte comunità. Esigevano anche una perfetta conoscenza della ciclicità delle esondazioni.

L'altro grosso problema da risolvere era la salinizzazione del suolo: bastava l'1% del sale, che saliva in superficie dal sottosuolo, per vanificare la raccolta del cereale allora più diffuso, l'orzo (più resistente del grano ai tassi di salinità). Col tempo gli sbarramenti artificiali che s'impregnavano di sale, rendevano infertile il suolo, costringendo gli agricoltori a emigrare sempre più a nord, dove la salinizzazione era meno forte.

Nei lavori di bonifica e d'irrigazione cominciarono ad essere impiegati strumenti con parti metalliche. Una più intensa utilizzazione del metallo portò a un aumento della produttività, il che, in una situazione sociale egualitaria, non avrebbe avuto effetti sconvolgenti. Viceversa, in una comunità già minata dalla stratificazione sociale, quella maggiore produttività, che comportava la nascita di eccedenze alimentari rispetto al fabbisogno, fu all'origine di uno sfruttamento sistematico e sempre più intensivo degli elementi più deboli presenti in quelle comunità. La tendenza cioè era quella, da parte dei clan più forti, d'impadronirsi delle terre migliori. Col tempo questi clan costituirono un’aristocrazia tribale che si arrogò il diritto di dirigere gli affari tribali.

Il lavoro schiavile

La stratificazione sociale era presente già durante la disgregazione del regime comunitario primitivo, in quanto le tribù sumeriche sfruttavano il lavoro degli schiavi (dapprima di sesso femminile, poi anche maschile), benché in misura molto limitata e a livello domestico. Per gli storici è assodato che se tra i Sumeri è esistita una concezione democratica della politica, essa doveva essere anteriore alla fase protodinastica.

I primi canali di irrigazione vennero scavati dai membri liberi delle comunità, come forma di prestazione obbligatoria; ma nei lavori più duri di scavo e soprattutto nello sviluppo su larga scala del sistema di irrigazione si sfruttavano sempre più gli schiavi, tratti non solo dai debitori insolventi (in questo caso tutta la famiglia veniva schiavizzata), ma anche dai nemici di altre città o comunità sconfitte militarmente e anche da chi aveva recato danno ad altri senza essere in grado di risarcirlo: questo perché occorreva una considerevole quantità di mano d’opera per questo tipo di lavori.

Gli schiavi non vivevano solo nelle campagne ma anche nelle città, in qualità di domestici, concubine, artigiani. Essi non potevano guardare in faccia gli uomini liberi e potevano essere sacrificati agli dèi e ai re morti. Intorno al 2500 a.C. la schiavitù era già così diffusa che ci si poteva permettere il lusso di sotterrare molti corpi sacrificati dei servitori della regina di Ur nella sua tomba. A volte gli schiavisti si preoccupavano dell'istruzione degli schiavi per poterli sfruttare con maggiore efficienza. I figli di un genitore schiavo non necessariamente venivano considerati schiavi e comunque non si negava a nessuno di poter riscattare la propria schiavitù attraverso il denaro.

Il primo riformatore statale che cercò di ridurre i privilegi e gli abusi dei soprintendenti e dei funzionari, impedendo che orfani e vedove finissero nelle mani dei potenti, fu il re Urukagina, della città di Lagash, nel 2275, ma i ceti privilegiati chiesero l'intervento del re di Umma, che lo eliminò immediatamente.

La nascita delle città-stato

La trasformazione di quei territori, la cui unica ricchezza dipendeva da quei due grandi fiumi, e che non erano abitati solo dai Sumeri, era avvenuta in maniera conflittuale sia all'interno delle singole comunità che all'esterno, nei rapporti tra queste comunità. La cosiddetta "terra di Sumer" era composta da molte comunità (poi divenute città) autonome (intorno al 3800-3400), perennemente in guerra tra loro per il controllo dei canali, indispensabili per drenare le acque in eccesso e al tempo stesso per distribuirle alle zone più lontane. Nei testi epici che ci sono pervenuti vi è sempre una città che pretende di ottenere tributi da altre. Particolarmente esosi fiscalmente erano i funzionari reali di ogni città.

Le città dominavano i villaggi dei contadini ad esse adiacenti, su un territorio di circa 30 km di diametro. La città di Uruk (la più importante nel IV millennio, con 40-50.000 abitanti) si estendeva per quasi 10 km e aveva oltre 900 torri rettangolari intervallate di nove metri, su una superficie urbana complessiva di circa 550 ettari: essendo molto fortificata da mura e fossati (il secondo muro doppiava il primo a una distanza di dieci metri), appariva inespugnabile da parte di qualunque villaggio. La recinzione dei centri urbani con mura fortificate risale almeno al 2700. Quanto più aumentava la superficie delle città, tanto più esse venivano a conflitto per il controllo del territorio e tanto più diminuivano le aree coltivate, in quanto la popolazione dalla campagna tendeva a trasferirsi in città. Ma quanto più diminuivano le terre coltivate tanto più si favoriva l'insediamento delle popolazioni seminomadi, che già nel 2700 costituivano un notevole pericolo.

Al principio del III millennio a.C. nella bassa Mesopotamia si costituiscono le prime città-stato, come progressiva espropriazione dei poteri del villaggio: si comincia ad avvertire la necessità di spazi adeguati per tenere sottomessi gli schiavi e l'80-90% dei contadini liberi delle campagne e per assicurare alla casta privilegiata, sorta dall’aristocrazia tribale, la sua posizione egemonica nella società. La città-stato doveva difendere le nuove forme di proprietà e contribuire a sviluppare ulteriormente i rapporti schiavistici. Gli schiavi appartenevano allo Stato, ovvero alla nobiltà. La parte del territorio irrigata dalle piene dei fiumi non era più considerata proprietà collettiva delle singole comunità, ma proprietà statale.

Le comunità di villaggio non reagiscono in maniera convincente a questa progressiva espropriazione di poteri (a testimonianza che al loro interno vi erano già degli elementi discriminatori) ed anzi si prestano ad offrire a piene mani militari, tributi e corvées. Se qualcuno si sottraeva a questi doveri, la responsabilità ricadeva sull'intero villaggio ed era facile che qualcuno diventasse schiavo per insolvenza. In ogni caso il processo di spoliazione delle loro terre fu molto lungo: sottrarre la terra alla comunità, finché questa restava salda e unita, era un problema complesso e difficile. I membri liberi della comunità formavano la principale forza produttiva della popolazione su un territorio divenuto favorevole all’agricoltura; in un primo tempo essi costituirono anche il nucleo fondamentale dell’esercito.

Il sistema statale per un certo periodo conservò ancora gli elementi normali della democrazia tribale: continuarono ad esistere le assemblee popolari, le assemblee dei guerrieri e il consiglio degli anziani. Con il graduale sviluppo della struttura sociale schiavistica, con la disgregazione delle comunità e il venir meno dell'importanza dei membri liberi delle comunità, il potere si accentra completamente nelle mani della classe schiavistica. Il monarca offre solo l'illusione di una certa equidistanza tra schiavi e schiavisti. In realtà egli era l'istituto di governo che doveva tutelare la forza sul diritto, o meglio colui che si serviva del diritto come di un'arma per tutelare la forza di singoli clan e ceti sociali privilegiati.

Se all'inizio il re (lugal) poteva essere eletto, in caso di pericolo, dall'assemblea dei cittadini liberi, e il governatore della città poteva essere un magistrato ordinario (ensi) con una funzione amministrativa, col tempo questo magistrato assunse poteri sempre più straordinari, persino religiosi, che poteva trasmettere per via dinastica. Solo quando il suo potere fu assoluto, le funzioni religiose vennero delegate esclusivamente alla classe sacerdotale, proprio per permettere ai sacerdoti di svolgere un'altra funzione illusoria, quella di mediare gli interessi della casta schiavile, rappresentata dal monarca, con quelli del popolo. In età neosumerica il sovrano è "signore dell'universo".

E' tuttavia evidente che quanto meno i ceti subordinati riescono a riscattarsi dalla loro condizione, tanto più indeboliscono le capacità difensive delle loro città, offrendo occasioni a città limitrofe e anche a popolazioni tecnologicamente e culturalmente meno avanzate di quella sumera, di poterne approfittare per tentare delle azioni di belligeranza che ad un certo punto avranno effetti devastanti sull'intera civiltà sumerica.

Lo sviluppo delle città-stato

Nelle città-stato (che in genere non superavano i 40-50 mila abitanti) s'erano sviluppati il commercio e l'artigianato, mentre la stragrande maggioranza della popolazione, i contadini, lavorava al di fuori delle mura, insieme agli schiavi catturati in guerra. In città i prodotti venivano scambiati per ottenere soprattutto legname, metalli e pietre dure (quest'ultime indispensabili per le manifatture). I paesi coinvolti in questi traffici erano la Siria, il Libano, l'Egitto, l'Arabia, l'Anatolia, la Persia e l'Afghanistan. Non esisteva solo il baratto ma anche l'uso della moneta di rame e quella d'argento per le transazioni più importanti. I liberi artigiani, anche quando si associano in corporazioni, dipendono sempre o dal tempio o dal palazzo.

Va detto che a livello commerciale non esisteva all'inizio un mercato urbano vero e proprio, in quanto il commercio era prevalentemente estero, gestito o dal tempio o dal palazzo. I mercati appaiono tardi, quando le città si erano molto dilatate. Gran parte dell'attività economica era assorbita da istituzioni statali, che si preoccupavano di raccogliere i beni d consumo e di ridistribuirli. L'economia urbana era autosufficiente solo nel senso che si serviva del contado agricolo limitrofo al cento per cento. Era l'aristocrazia terriera che gestiva privatamente i propri possedimenti.

In ogni città (Eridu, Ur, Larsa, Lagash, Umma, Uruk, Suruppak, Nippur, Kish, Sippar ecc.) il vertice politico era rappresentato da una dinastia locale o dal re, che all'inizio svolgeva funzioni anche sacerdotali; poi (si pensa verso il 2700 a.C,) si specializzò sul piano militare, assegnando le questioni relative al culto religioso ad appositi sacerdoti. Formalmente la regalità veniva considerata come un dono degli dèi, per cui i re erano tenuti ad amministrare un territorio e una popolazione che appartenevano alla divinità. Tuttavia col passare del tempo s'impose una certa "laicizzazione" del potere, come conseguenza dell'idea che il re fosse un uomo come tutti gli altri e che dovesse in qualche modo giustificare le proprie azioni.

Gli insediamenti agricoli si dimezzano nel periodo protodinastico (2800-2380) rispetto al periodo che va dal 3000 al 2800 e si riducono a 1/6 intorno al 1380.

Il livello tecnologico e produttivo

Queste comunità, già intorno alla metà del IV millennio a.C., conoscevano la tessitura e la ceramica, possedevano strumenti di lavoro di pietra e di osso, ma già cominciavano ad apparire oggetti di rame. Praticavano caccia e pesca, ma anche la coltivazione dell’orzo e, tra gli animali domestici, utilizzavano buoi, pecore, capre, maiali e asini. Le abitazioni erano capanne di giunco, che ben presto verranno sostituite con mattoni crudi (quando arriveranno a usare il mattone di fango cotto passeranno all'architettura pesante, che sicuramente influenzò quella egizia). Il trasporto delle merci veniva realizzato non soltanto per mezzo della soma o per mezzo di slitte, su terreno paludoso, ma anche con veicoli a ruote.

Verso il 2100 a.C. venne introdotto l'aratro a trazione animale e l'irrigazione estensiva, favorendo così una ricca produzione agricola. Le piantagioni più diffuse erano quelle dei cereali e dei datteri. Essendo la Mesopotamia un territorio soggetto a siccità, i campi erano creati vicino ai canali, che venivano costruiti a un livello superiore, permettendo così all'acqua di defluire naturalmente nei terreni arati. Non tutti i terreni erano coltivati, ma si attuava una rotazione biennale, lasciando riposare i campi utilizzati l'anno precedente. Circa i due terzi del raccolto veniva trasportato nei magazzini del tempio o del palazzo reale.

Fu la scoperta dell'uso del rame (che in Egitto era avvenuta nel 6000 a.C.) a far uscire i Sumeri dalla preistoria e a farli entrare nella protostoria, stando almeno alle categorie storiografiche oggi dominanti, secondo cui esiste "civiltà" solo là dove è possibile porre un paragone con la nostra civiltà borghese. Ci vollero altri diciotto secoli prima che il rame venisse utilizzato in Scandinavia, e quando l'Europa occidentale e la Cina cominciarono ad usarlo, l'Egitto e la Mesopotamia stavano già utilizzando il bronzo (rame + stagno), molto più duro e resistente del rame.

A livello tecnologico i Sumeri furono in grado di usare non solo la ruota, ma anche la sega, il cuoio, lo scalpello, il martello, il fermaglio, le punte di trapano, il chiodo, lo spillo, l'anello, la zappa, la scure, il coltello, la punta di lancia, la punta di freccia, la spada, la colla, il pugnale, le pelli d'acqua, le borse, la bardatura, la barca, l'armatura, la faretra, la guaina, gli stivali, i sandali, l'arpione e gli strumenti per la distillazione della birra. Inventarono la carrozza e le formazioni militari.

Molti di questi progressi tecnologici furono costantemente accompagnati da regressi nella vivibilità dei valori umani.

Il tempio

La politica urbana è sin dall'inizio di tipo "teocratico", nel senso che sacerdoti e sovrani (che all'inizio non si distinguevano neppure) venivano considerati come rappresentanti delle varie divinità. Solo in epoca accadica il sovrano pretende una personale divinizzazione.

Il tempio e il palazzo reale erano gli edifici più importanti della città. Il tempio (detto ziqqurat) era a forma di torre con terrazze digradanti, che gli ebrei ricordano nel racconto della torre di Babele, la cui base era 90x90 metri e altrettanto l'altezza. Ai Sumeri ricordava le montagne che avevano lasciato, cioè un luogo da cui non avrebbero voluto andarsene.

I templi servivano per sostituire simbolicamente l'elemento unificatore del comunismo primitivo. Erano una specie di surrogato per il popolo. Prima l'unità era data dal collettivo, ora da simboli astratti i cui gestori dispongono di un potere molto forte, tale da condizionare la vita dell'intera collettività, al cui interno le discriminazioni sono già ben visibili.

Generalmente il tempio era dedicato al dio protettore della città, ma poteva anche essere un centro amministrativo ed economico, poiché attorno ad esso si trovavano i magazzini per conservare i prodotti agricoli. Svolgeva anche la funzione di osservatorio astronomico.

Con certezza si sa che il primo tempio, a Kullab, fu costruito intorno al 3800 a. C. e che col passare del secoli i templi ebbero forme sempre più grandiose e calcolate. Il tempio di Uruk richiese un lavoro quinquennale di almeno 1500 operai.

All'inizio il governatore della città non distingueva le sue funzioni religiose da quelle politiche e amministrative, com'era naturale che fosse in un momento in cui la religione veniva usata per assoggettare le fasce sociali più deboli. Successivamente però, quando lo schiavismo venne consolidato come sistema di vita e di produzione, si poté separare la funzione politica da quella religiosa, creando l'illusione che il sacerdote fosse l'intermediario tra il popolo e il sovrano, oltre che tra il popolo e gli dèi. Il re infatti, a seguito delle imprese belliche contro altre città, appariva sempre più come un insopportabile peso per le finanze pubbliche, per la coscrizione militare che obbligava i contadini ad abbandonare periodicamente i loro terreni, ecc.

La religione sumera

I Sumeri erano politeisti, in quanto ad ogni aspetto importante della realtà naturale (acqua, cielo, fuoco, luna ecc.) attribuivano un dio protettore. Gli dèi erano antropomorfi e immortali, raffigurati in statue, seduti, con teste sproporzionate rispetto al corpo, cinte di una tiara a corna, simbolo di sovrannaturalità, più altri simboli specifici.

Nelle loro mitologie, in cui il tema fondamentale è la ciclicità della vita, si parla unicamente di divinità urbane. Il maggiore era An o Anu, dio del cielo, ovvero della separazione tra cielo e terra, il più grande, apparso in una fase successiva, come capo del pantheon sumerico; al suo fianco Enlil, creatore del mondo, la natura come forza attiva, dio del vento e del destino, che stabilisce le sorti del mondo con decreti severi (i sovrani cercavano sempre di ottenere il consenso del clero che lo rappresentava, nella città di Nippur); molto importante era Enki, dio dell'acqua e creatore delle istituzioni umane: sua sede principale Eridu; Inanna (Ishtar) è dea della fecondità, il cui marito Dumuzi (Tammuz), protettore delle mandrie, mezzo uomo e mezzo toro, vive nel sottosuolo e presiede alla fecondazione della terra, al punto che gli storici lo considerano il dio più originario; Nin-Khursag rappresenta la terra. In tutto sono circa una cinquantina.

Tutti gli dèi servivano per tenere sottomessa la popolazione, in quanto non credere in un dio onnipotente e immortale significava non credere nel re e nei suoi sacerdoti.

Secondo il credo sumero, la terra era nata dal caos primordiale delle acque, da dove erano sorte le forze che, a loro volta, avevano generato gli dèi, che avrebbero creato gli umani dall'argilla, per usarli come servitori: tutta l'umanità stava alla mercé degli dèi, visti più che altro come nemici da ingraziarsi con continui sacrifici di agnelli, montoni e pecore (anche umani) e libagioni di birra, olio, vino e cereali. Gli dèi avevano mandato il diluvio per punire gli uomini.

Fin dall'età protodinastica era forte la convinzione dell'ineluttabilità dei destini umani stabiliti dagli dèi. I destini potevano anche essere inspiegabili, ma in genere venivano messi in rapporto a meriti e colpe. E comunque non esiste nella loro religione una qualsivoglia escatologia.

L'universo non era che un disco piatto racchiuso in una cupola. L'aldilà significava la discesa in un vile mondo inferiore, per passare l'eternità in una miserabile esistenza di fantasmi.

I miti più famosi sono quelli di Gilgamesh (4500 a.C.), la discesa agli inferi della dea Inanna-Ishtar e quello di Enuma Elish (che risale al XIII-XII secolo a.C., cioè al tempo della prima dinastia di Babilonia), in cui si parla della creazione del mondo e del diluvio universale: miti che si trovano in questa civiltà mille anni prima di quella ebraica, la quale riprese nel libro di Giobbe anche il canto epico del "Giusto sofferente". I Sumeri crearono la più antica letteratura di cui abbiamo notizia.

I sacerdoti sapevano sfruttare i sensi di colpa che i Sumeri si erano portati con loro quando erano discesi dai monti Zagros, e ne approfittarono per aumentare il loro potere. Bastò aumentare il numero delle cerimonie di culto per pretendere di non lavorare come tutti gli altri e di essere mantenuti dalla collettività. Bastò dire che il sacerdote si sentiva investito del compito di aiutare i più bisognosi o d'ingraziarsi la volontà degli dèi (con offerte supplementari) nei momenti critici della produzione, per trasformare il tempio in un centro di raccolta di tutte le eccedenze agricole.

Già nel periodo proto-dinastico dei Sumeri i sacerdoti amministravano da 1/5 a 1/6 di tutte le terre coltivate di una qualunque città-stato. Gli affitti di queste terre dovevano essere pagati in argento, oltre che in prodotti agricoli (il canone andava da 1/3 a 1/6 dell'intera produzione).

Le terre ovviamente venivano date in affitto a chi si poteva permettere il lusso di pagare il canone, altrimenti venivano gestite come una forma di proprietà statale, sulla quale il contadino svolgeva un ruolo analogo a quello del salariato agricolo.

La cultura

La cultura più importante era quella matematica, astronomica e giuridica. I Sumeri avvertivano forte la necessità di contare le merci e di calcolare i tributi, di misurare le superfici e i pesi, di amministrare la proprietà. Conoscevano già quelle "tavole" che dalla Grecia verranno molti secoli dopo chiamate "pitagoriche", usavano le radici quadrate e cubiche e l'uso di equazioni algebriche.

Possedevano una corretta visione eliocentrica del sistema solare del quale riconoscevano cinque pianeti (visibili a occhio nudo).

Grazie agli studi astronomici avrebbero potuto dotarsi di un calendario solare, ma a causa delle festività religione e delle attività agricole, preferivano usarne uno lunare, in cui l'anno era diviso in dodici mesi, a loro volta suddivisi in settimane: ogni tre anni aggiungevano un mese per colmare la sfasatura col calendario solare.

Elaborando un sistema sessagesimale inventarono l'orologio, con i relativi 60 secondi, 60 minuti e 12 ore. Questo calcolo a base 60 è rimasto ancora oggi. Erano anche molto interessati ai fenomeni delle eclissi. Nei vangeli cristiani vi è un riflesso della loro cultura nelle figure dei re Magi (o Maghi).

L'aritmetica non era solo a base 60 ma anche a base 10, a seconda delle necessità. In ogni caso furono loro a formulare per la prima volta il concetto della numerazione basata sul valore della posizione della cifra.

Il peso base del grano e dei metalli era un talento di 60 mine, che rimase quello standard fino a tutto il periodo greco.

Inventarono la geometria quando iniziarono a misurare i campi e a costruire gli edifici.

Tra i più antichi documenti sumeri figurano calendari di pietre, di animali, di piante ecc., suddivisi in base alle loro caratteristiche esteriori. La classificazione astratta, che gli studenti imparavano a scuola, veniva considerata un elemento di particolare sapienza.

Crearono il primo codice di diritto ed un sistema amministrativo completo di tribunali, prigioni e archivi governativi. Molti secoli dopo l'invenzione del cuneiforme, la pratica della scrittura si estese oltre i certificati di pagamento/debito e d'inventario e fu applicata per la prima volta nel 2600 a.C. per messaggi scritti e la consegna della posta, per la storia, le leggende, la matematica, le annotazioni astronomiche ed altre attività, corrispondenti generalmente ai campi di cui si occupavano insegnanti ed allievi.

Le tematiche figurative nell'arte, quella a struttura araldica, influenzarono moltissimo l'oriente islamico e persino l'occidente medievale.

La scrittura cuneiforme

Tra i funzionari più importanti vi erano gli scribi, gli unici a conoscere i segreti della scrittura cuneiforme sillabica, da loro inventata per esigenze amministrative e contabili.

Inizialmente (seconda metà del IV millennio), per esigenze amministrative-contabili la scrittura era stata pittografica, dove p.es. il verbo "camminare" era rappresentato da una "gamba". L'uso del sigillo impresso su un contenitore, come segno d descrizione e convalida del suo contenuto, a garanzia di manomissioni, fu inventato da questi scribi.

Ma già nel 3200 erano passati alla scrittura cuneiforme (un mix di ideogrammi, cioè segni rappresentanti concetti, e di fonogrammi, cioè simboli rappresentanti valori fonetici sillabici). Gli elementi a forma di cuneo venivano incisi con uno stilo su tavoletta di creta. Naturalmente solo gli scrivani di professione (scribi) erano in grado di usare questa difficile scrittura (inizialmente i simboli erano circa 2000, poi si ridussero a 500-600)..

Con questa scrittura potevano anche catalogare l'universo intero, rendendo convenzionali i suoi elementi, a disposizione di chiunque conoscesse la scrittura.

Il cuneiforme si diffonderà, in forme semplificate, in tutta la Mesopotamia, l'Assiria, l'Elam, l'Anatolia, la Siria-Palestina. Nel XV sec. a.C. raggiunse l'Egitto e i suoi sovrani l'adottarono per i rapporti internazionali. Lo adottarono anche Ittiti, Hurriti e Urartei. Tavolette cuneiformi sono state trovate a Tartaria in Transilvania. Quasi tutti i dialetti semitici e varie lingue indoeuropee furono di tipo cuneiforme. L'alfabeto moderno, attraverso la mediazione del greco, deriva da quello fenicio, ma questo si era avvalso dei grafemi di precedenti sistemi pittorici, tra cui anzitutto quelli sumerici. La differenza tra i fenici e i sumeri stava nel fatto che i primi avevano capito che la voce umana è il risultato di infinite combinazioni di pochi suoni elementari, per cui i segni per rappresentare questi suoni rendevano superflui tutti gli altri numerosi segni delle scritture ideografiche.

Quando l'Impero Assiro venne sconfitto, nel 622 a.C., cominciò il declino della scrittura cuneiforme a favore del sistema alfabetico aramaico. Nella zona di Babilonia il cuneiforme si mantenne fino al I secolo d.C. In varie aree del Vicino Oriente antico (Medio Oriente) e della Penisola Arabica si mantenne fin quasi alla vigilia dell'avvento dell'Islam. Verrà decifrata dagli europei solo nella prima metà dell'Ottocento (d'altra parte la stessa civiltà sumerica fu scoperta solo negli anni Novanta del XIX secolo). Nel 1914 uscì la prima grammatica della lingua sumerica. Da notare che il sumero è una lingua isolata, cioè non collegata ad alcun altro linguaggio conosciuto.


Fonte homolaicus.com
 
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