Posts written by Alaricus Rex

view post Posted: 10/5/2014, 21:51 Il partito marxista-leninista - LIBRI E DOCUMENTI SCRITTI DAL E IN ONORE DEL CHE

Ernesto Che Guevara

Il partito marxista-leninista


Prefazione al libro El partido marxista-leninista, La Habana, 1963.


Questo libretto è destinato ad iniziare i militanti del partito all’ampio e ricchissimo complesso delle idee marxiste-leniniste.
La scelta dei temi è semplice ed essenziale; si tratta di un capitolo del Manuale di marxismo-leninismo di Otto V. Kuusinen e di una serie di discorsi di Fidel Castro. La scelta è appropriata perché il capitolo del Manuale di marxismo-leninismo sintetizza l’esperienza dei partiti fratelli e delinea uno schema generale di ciò che deve essere e di come deve operare un partito marxista-leninista, mentre nella successione dei discorsi del compagno Fidel si vede sfilare la storia politica del nostro paese attraverso le parole, in alcuni casi autobiografiche, del dirigente della rivoluzione.
Le due cose sono intimamente legate: la teoria generale, come espressione delle esperienze del Partito comunista dell’Unione Sovietica e dei partiti marxisti-leninisti di tutto il mondo, e l’applicazione pratica di queste idee generali alle nostre specifiche caratteristiche. Dalle peculiarità dello sviluppo degli avvenimenti sociali in questa regione del mondo, non si deve argomentare che esistano eccezioni storiche; semplicemente, il caso specifico della situazione cubana rientra nel quadro generale della teoria, figlia dell’esperienza, offrendo nuovi apporti al movimento operaio mondiale.
Il Manuale ci mostra con solare chiarezza che cosa è un partito marxista-leninista: «persone fuse da una comunanza di idee che si uniscono per dar vita alle concezioni marxiste, vale a dire, per portare a termine la missione storica della classe operaia». Spiega inoltre che un partito non può vivere isolato dalle masse, ma deve mantenersi in permanente contatto con esse; deve esercitare la critica e l’autocritica ed essere molto severo riguardo ai propri errori; non deve fondarsi solamente su concetti negativi di lotta contro qualcosa, ma anche su concetti positivi di lotta per qualcosa; spiega infine come i partiti marxisti-leninisti non possano incrociare le braccia aspettando che le condizioni oggettive e soggettive createsi attraverso il complesso meccanismo della lotta di classe abbiano tutti i requisiti necessari perché il potere cada nelle mani del popolo come un frutto maturo. Viene indicato il ruolo dirigente e catalizzatore di questo partito, avanguardia della classe operaia, dirigente della «propria» classe, che sa mostrare ad essa il cammino della vittoria e accelerare il passo verso nuove situazioni sociali. Si insiste sul fatto che anche nei momenti di riflusso sociale è necessario saper retrocedere e mantenere saldi i quadri per sfruttare la prossima ondata e avanzare più lontano, verso il fine fondamentale del partito nella prima fase rivoluzionaria, ossia la presa del potere.
Ed è logico che questo partito sia un partito di classe. Un partito marxista-leninista non potrebbe non esserlo: la sua missione è cercare la strada più breve per arrivare alla dittatura del proletariato, e i suoi militanti più preziosi, i suoi quadri dirigenti e la sua tattica, escono dal seno della classe operaia.
È inconcepibile che si inizi la costruzione del socialismo con un partito della classe borghese, con un partito che avesse tra i suoi membri un buon numero di sfruttatori e questi avessero il compito di fissarne la linea politica. Evidentemente, un raggruppamento di questo tipo può solamente dirigere la lotta in una fase di liberazione nazionale, fino a certi livelli e in determinate circostanze. Nella fase successiva, la classe rivoluzionaria diventerebbe reazionaria e si instaurerebbero nuove condizioni che portano necessariamente alla ribalta il partito marxista-leninista come dirigente della lotta rivoluzionaria. E ormai, almeno in America, è praticamente impossibile parlare di movimenti di liberazione diretti dalla borghesia. La rivoluzione cubana ha polarizzato le forze; di fronte all’alternativa: popolo o imperialismo, le deboli borghesie nazionali scelgono l’imperialismo e tradiscono definitivamente il proprio paese. Sfuma, così, quasi completamente, la possibilità che in questa parte del mondo si verifichi un passaggio pacifico al socialismo.
Se il partito marxista-leninista è capace di prevedere le fasi storiche successive ed è capace di trasformarsi in bandiera e avanguardia di un popolo ancor prima di aver liquidato la fase della liberazione nazionale – nell’ipotesi dei paesi colonizzati – allora quel partito avrà compiuto una duplice missione storica e potrà affrontare i compiti della costruzione del socialismo con più forza, con più prestigio tra le masse.
La seconda parte riguarda l’esperienza cubana; esperienza feconda per tutto quello che ha di nuovo, per tutto quello che ha di vigoroso in quest’epoca di sviluppo della rivoluzione americana, e anche per la ricchezza di insegnamenti derivanti dai suoi errori, analizzati e corretti pubblicamente, in contatto con le masse e di fronte all’opinione pubblica.
Particolarmente importanti sono i discorsi del compagno Fidel che si riferiscono al PURSC e ai metodi di lavoro impiegati nelle ORI (Organizzazioni Rivoluzionarie Integrate), discorsi che definiscono due tappe fondamentali del nostro sviluppo. Nella prima, si ha la franca confessione di un vero rivoluzionario che è arrivato al culmine della parabola ascendente dell’evoluzione del suo pensiero e proclama senza dubbi, davanti al mondo, la sua professione marxista-leninista. Ma lo fa, non come una semplice affermazione verbale, bensì spiegando i caratteri e i fatti più salienti dell’evoluzione del dirigente, dell’evoluzione del movimento e del partito verso la formazione del PURSC.
Analizzando se stesso, il compagno Fidel riconosce la quantità di concezioni retrograde che l’ambiente gli aveva inculcato; racconta come istintivamente lottò via via contro queste concezioni e si forgiò nella lotta; ci parla dei suoi dubbi, ne spiega il perché e come si risolsero.
Nella sua prima fase il Movimento 26 Luglio costituiva qualcosa di difficilmente definibile; Fidel Castro, l’eroe del Moncada, già prigioniero dell’Isla de Pinos, addestra un gruppo di volontari che si propongono di raggiungere le coste della provincia di Oriente, di suscitare l’incendio rivoluzionario nella provincia e separarla in un primo momento dal resto dell’isola, o, se le condizioni oggettive lo permettono, di avanzare irresistibilmente fino alla stessa Avana, in una successione di vittorie più o meno sanguinose.
La realtà ci colpì duramente: non esistevano tutte le condizioni soggettive necessarie perché quel disegno si realizzasse, non avevamo seguito tutte le regole della guerra rivoluzionaria che più tardi avremmo imparato con il nostro sangue e quello dei nostri fratelli in due anni di dura lotta. Fummo sconfitti, e proprio allora iniziò la storia più importante del nostro movimento. Allora si mostrò la sua vera forza, il suo vero merito storico; ci rendemmo conto degli errori tattici commessi e del fatto che mancavano alcuni fattori soggettivi essenziali; il popolo aveva coscienza della necessità di un mutamento radicale, mancava la certezza che questo fosse possibile. Creare questa possibilità era il nostro compito, e sulla Sierra Maestra inizia il lungo processo che funge da catalizzatore dell’intero movimento nell’isola, e che provoca ininterrotti uragani, ininterrotti incendi rivoluzionari in tutto il territorio.
Si incomincia a dimostrare con i fatti che l’esercito rivoluzionario, con la fede e l’entusiasmo del popolo correttamente indirizzati, in condizioni favorevoli per la lotta, può andare aumentando la sua forza mediante un’accorta condotta delle operazioni e distruggere, un giorno, l’esercito nemico. Questa è una grande lezione della nostra storia. Prima di conseguire la vittoria, i rapporti di forze sono via via mutati fino a diventare di gran lunga favorevoli al movimento rivoluzionario; avevamo creato le condizioni soggettive necessarie per realizzare il mutamento voluto e provocato la crisi di potere essenziale al mutamento stesso. Si dà all’America una nuova esperienza rivoluzionaria, si dimostra che le grandi verità del marxismo-leninismo si realizzano sempre; nel caso specifico, si dimostra che la missione dei dirigenti e dei partiti è quella di creare tutte le condizioni necessarie per la presa del potere e non di trasformarsi in nuovi spettatori dell’ondata rivoluzionaria che sta nascendo in seno al popolo.
Nello stesso tempo l’esperienza cubana, dimostrando la necessità che i nuclei armati che difendono la sovranità popolare siano al riparo da sorprese, da attacchi, dal rischio di essere annientati, indica l’importanza del fatto che la lotta armata si svolga sul terreno più favorevole alla guerriglia, vale a dire, nelle zone più accidentate delle regioni rurali. Questo è un altro contributo della rivoluzione alla nostra lotta per l’emancipazione americana; dalla campagna si investe la città, con una crescita progressiva, creando il movimento rivoluzionario che culmina all’Avana.
In un altro passo Fidel ci dice chiaramente: condizione essenziale per il rivoluzionario è saper interpretare la realtà. Riferendosi allo sciopero d’aprile, spiega come in quel momento non abbiamo saputo interpretarlo e per questo subimmo una catastrofe. Perché fu dichiarato lo sciopero d’aprile? Perché nel seno del movimento esistevano una serie di contraddizioni che noi chiamiamo: Sierra-Llano, e che si manifestano nell’analisi che ognuna delle due ali faceva degli elementi considerati fondamentali per decidere la lotta armata, elementi che erano diametralmente opposti.
La Sierra era decisa a sconfiggere l’esercito quante volte fosse necessario, a vincerlo battaglia su battaglia, impadronendosi del suo armamento, e arrivare un giorno alla presa del potere con il suo Esercito Ribelle. Il Llano voleva la lotta armata generale in tutto il paese, che avrebbe dovuto concludersi con uno sciopero generale rivoluzionario che cacciasse la dittatura di Batista e instaurasse il governo dei “civili”, trasformando il nuovo esercito in un esercito “apolitico”.
Lo scontro tra queste due tesi era continuo e non garantiva certo l’unità di comando necessaria in momenti come questo. Lo sciopero d’aprile viene preparato e dichiarato dal Llano con il consenso della direzione della Sierra, che non si sente capace di impedirlo sebbene avanzi seri dubbi sul suo risultato, e con le espresse riserve del Partito socialista popolare, che aveva avvertito a tempo il pericolo. I comandanti rivoluzionari scendono nel Llano per aiutare lo sciopero e così Camilo Cienfuegos, il nostro indimenticabile capo dell’esercito, incomincia a fare le sue prime incursioni nella zona di Bayamo.
Queste contraddizioni hanno una radice più profonda di una divergenza tattica: l’Esercito Ribelle è ormai ideologicamente proletario e ragiona in termini di classe diseredata; il Llano continua ad essere piccolo borghese, molto influenzato dall’ambiente in cui opera e con futuri traditori nella sua direzione.
Si trattava di una lotta minore per il controllo interno nel quadro della grande lotta rivoluzionaria per il potere. I recenti avvenimenti d’Algeria si spiegano chiaramente per analogia con la rivoluzione cubana: l’ala rivoluzionaria non si lascia scalzare dal potere e lotta conquistandolo integralmente, l’esercito di liberazione è il genuino rappresentante della rivoluzione che trionfa.
Gli scontri si succedono periodicamente e si raggiunge l’unità del comando (però non ancora accettata da tutti) solo quando Fidel viene nominato primo ministro, alcuni mesi dopo la vittoria della rivoluzione. Fino a quel momento, che cosa avevamo fatto? Ci eravamo guadagnati, come direbbe Fidel, il diritto di cominciare. Avevamo solamente portato a termine una fase il cui fine era stato la lotta a morte contro il sistema a Cuba, personificato nel dittatore Batista, ma il fatto stesso di seguire coerentemente una linea rivoluzionaria tendente a migliorare lo stato della nostra società e a liberarla il più possibile da tutte le pastoie economiche, ci portava per forza ad una lotta frontale con l’imperialismo.
L’imperialismo è stato un fattore molto importante per lo sviluppo e l’approfondimento della nostra ideologia; ogni colpo che ci infliggeva esigeva una risposta; ogni volta che gli yankees, con la loro abituale superbia, reagivano prendendo qualche misura contro Cuba, noi dovevamo prendere la contromisura necessaria, e in questo modo la rivoluzione diveniva sempre più consapevole.
Il Partito socialista popolare entrava a far parte di questo fronte e i compagni di vecchia milizia rivoluzionaria, insieme ai compagni che arrivavano al potere dalla lotta sulla Sierra, iniziavano un’opera di fusione. Già allora Fidel ci metteva in guardia contro certi pericoli di settarismo, criticando chi sbandierava sotto il naso degli altri i suoi quindici o vent’anni di milizia rivoluzionaria e il settarismo delle barbe della Sierra o del combattente della città.
Nel periodo della lotta armata, c’era un gruppo di compagni che cercavano di difendere il movimento dall’apparente caudillismo del compagno Fidel e commisero l’errore che si ripeterà poi nella fase del settarismo, di vedere nei grandi meriti del dirigente, nei grandi meriti del leader della rivoluzione e nelle sue innegabili doti di comando, un individuo la cui unica preoccupazione era quella di assicurarsi l’appoggio incondizionato dei suoi e di instaurare un sistema di caudillismo. Fu una lotta impostata su falsi princìpi portata avanti da un gruppo di compagni, lotta che non finì neppure il I° gennaio o quando Fidel assunse la carica di primo ministro, bensì molto dopo, quando l’ala destra del 26 Luglio venne frantumata. Così caddero, perché si opponevano alla volontà popolare, Urrutia, Miró Cardona, Ray, Hubert Matos, David Salvador, e tanti altri traditori.
Dopo la vittoria completa contro l’ala destra, sorge la necessità di strutturare un partito: il PURSC, espressione del marxismo-leninismo nella nuova condizione di Cuba. Questo partito doveva essere un organismo legato alle masse, formato da quadri rigorosamente scelti, dotato di una organizzazione centralizzata e al tempo stesso elastica, e, per fare tutto questo, confidavamo ciecamente nell’autorità guadagnata in molti anni di lotta dal Partito socialista popolare, rinunciando quasi completamente ai nostri criteri organizzativi. In questo modo si creò poco a poco una serie di condizioni tali che maturò il frutto del settarismo.
Nella fase della strutturazione del partito, il compagno Anibal Escalante era preposto all’organizzazione: iniziava allora una fase nera, sebbene per fortuna molto breve, del nostro sviluppo. Si errava nei metodi di direzione; il partito perdeva il suo carattere essenziale ossia il legame con le masse, abbandonava la prassi del centralismo democratico, perdeva lo spirito di sacrificio. Ricorrendo a volte a veri giochi di prestigio, si assegnavano incarichi dirigenti a persone senza esperienza e senza meriti, per il solo fatto che si erano adeguate alla situazione imperante.
Le ORI perdono la loro funzione di motore ideologico – e, attraverso questa funzione, quella di controllo di tutto l’apparato produttivo – e finiscono per diventare un apparato amministrativo; in queste condizioni, la funzione dei compagni, che dovevano venire dalle province per esporre i problemi che colà esistevano, si perdeva completamente, perché quelli che dovevano sindacare il lavoro dei funzionari amministrativi erano precisamente i dirigenti della cellula che assolvevano la duplice funzione di partito e di pubblica amministrazione.
Il periodo dei concetti errati, degli errori madornali e delle trasposizioni meccaniche è fortunatamente finito; le vecchie basi su cui si fondava questo parto abnorme del settarismo sono crollate.
Di fronte alle critiche, la decisione della direzione nazionale presieduta da Fidel fu di tornare alle masse, di ricorrere alle masse, e in questo modo si istituì il sistema di consultazione di tutti i centri di lavoro per l’elezione degli operai esemplari da parte della massa e la possibilità di essere scelti per integrare le cellule del partito, di un partito intimamente unito alle masse.
Uno dei cambiamenti operati nel partito riguarda la riforma del sistema di educazione, per cui si premiano con essa, non come in passato, gli amici, gli “illustri” i “dottori del marxismo”‘, bensì i migliori lavoratori, gli uomini che con il loro atteggiamento di fronte alla rivoluzione, con il loro lavoro giornaliero, il loro entusiasmo e spirito di sacrificio, hanno dimostrato di possedere le superiori doti di membro del partito dirigente.
Con questo spirito sono stati cambiati tutti i criteri direttivi ed inizia una nuova epoca di rinvigorimento del partito e dei suoi metodi, Si apre di fronte a noi un ampio e luminoso cammino di costruzione socialista, che il partito ha il compito di guidare. Azione di guida che non sarà quella degli ordini meccanici e burocratici, quella del controllo stretto e settario, quella del far fare, quella del consiglio che si deve seguire in quanto espressione verbale e non perché costituisce un esempio vivo, quella del privilegio delle idee o della storia passata.
Il partito del futuro sarà intimamente legato alle masse, e assorbirà da essa le grandi idee che poi si plasmeranno in direttive concrete; un partito che applicherà rigidamente la propria disciplina secondo le regole del centralismo democratico e, nello stesso tempo, un partito in cui esistano sempre la discussione, la critica e l’autocritica aperte, per migliorare continuamente il lavoro. Sarà in questa fase un partito di quadri, degli uomini migliori, e questi ultimi dovranno adempiere al loro compito dinamico di stare a contatto col popolo, di trasmettere le esperienze alle sfere superiori, di trasmettere alle masse le direttive concrete e mettersi in cammino alla testa di esse. Primi nello studio, primi nel lavoro, primi nell’entusiasmo rivoluzionario, primi nel sacrificio; in ogni momento i quadri del nostro partito debbono essere più buoni, più puri, più umani di tutti gli altri.
Perché bisogna ricordare sempre che il marxismo non è una macchina automatica e fanatica, diretta, come un siluro, mediante autocomandi verso un obiettivo determinato. Di questo problema si occupa espressamente Fidel in uno dei suoi interventi: «Chi ha detto che il marxismo è rinuncia ai sentimenti umani, al cameratismo, all’amore per il compagno, al rispetto per il compagno, alla considerazione per il compagno? Chi ha detto che il marxismo è non avere anima, non avere sentimenti? Se fu proprio l’amore per l’uomo che generò il marxismo; fu l’amore per l’uomo, per l’umanità, fu il desiderio di combattere l’infelicità del proletariato, il desiderio di combattere la miseria, l’ingiustizia. il calvario e il continuo sfruttamento subìto dal proletariato, che fa sorgere dalla mente di Karl Marx il marxismo, esattamente quando il marxismo poteva sorgere, quando poteva sorgere una possibilità reale e, più che una possibilità reale, la necessità storica della rivoluzione sociale di cui fu interprete Karl Marx. Ma che cosa lo fece essere interprete, se non la ricchezza di sentimenti umani di uomini come lui, come Engels, come Lenin?»
Queste affermazioni di Fidel sono fondamentali per il militante del nuovo partito; ricordatele sempre, compagni, scolpitele nella memoria come la vostra arma più efficace contro tutte le deviazioni. Il marxista deve essere il migliore, il più retto, il più completo degli esseri umani, ma sempre, al di sopra di tutto, un essere umano; un militante di un partito che vive e vibra a contatto con le masse; una guida che plasma in direttive concrete i desideri a volte oscuri delle masse; un lavoratore instancabile, che dà tutto al suo popolo, un lavoratore che con abnegazione pone al servizio della rivoluzione le sue ore di riposo, la sua tranquillità personale, la sua famiglia o la sua vita, ma che non si estrania mai dal calore del contatto umano.
In campo internazionale il nostro partito avrà doveri importantissimi: siamo il primo paese socialista d’America, un esempio da seguire per altri paesi, un’esperienza viva per essere recepita dagli altri paesi fratelli, un’esperienza vivente e in continua evoluzione, che mostra alla comprensione pubblica tutti i suoi successi e i suoi errori. In questo modo il suo esempio è soprattutto un insegnamento e non aspira ad essere innalzato solamente di fronte a chi ha fatto professione di fede marxista-leninista, ma di fronte alle masse popolari d’America.
La Seconda Dichiarazione dell’Avana è una guida per il proletariato, i contadini e gli intellettuali rivoluzionari d’America; il nostro stesso comportamento sarà una guida permanente. Dobbiamo esser degni del ruolo che abbiamo, dobbiamo lavorare ogni giorno pensando alla nostra America, e rafforzare sempre più le basi del nostro stato, la sua organizzazione economica e il suo sviluppo politico, per potere, attraverso i nostri progressi, convincere sempre di più i popoli d’America della possibilità pratica di iniziare il cammino dello sviluppo socialista nella attuale fase dei rapporti di forze intenzionali.
Tutto ciò, senza scordarci che la nostra capacità emotiva di fronte agli abusi degli aggressori e alle sofferenze dei popoli non può limitarsi ai confini della sola America, e neppure all’America e ai paesi socialisti messi insieme; dobbiamo praticare il vero internazionalismo proletario, sentire come un’offesa personale qualsiasi aggressione, qualsiasi offesa, qualsiasi azione che vada contro la dignità dell’uomo, contro la sua felicità in qualsiasi parte del mondo.
Noi, militanti di un partito nuovo, in una nuova regione libera del mondo e in una condizione nuova, dobbiamo tenere sempre alta la stessa bandiera di dignità umana che alzò il nostro Martí, guida di molte generazioni, presente oggi con la sua freschezza di sempre nella realtà di Cuba: «ogni uomo vero deve sentire sulla propria guancia lo schiaffo dato sulla guancia di qualsiasi uomo».(1)

(1) È una citazione di José Martí, ripresa in più casi dal Che.

Testo tratto dal libro “La costruzione del partito nel pensiero del Che”

il Papiro Editrice

via Monte Sabotino, 34
20099 Sesto San Giovanni (MI)
view post Posted: 10/5/2014, 21:25 IL SOCIALISMO SECONDO ERNESTO CHE GUEVARA - PENSIERO POLITICO E FRASI CELEBRI DEL CHE
L’URSS non ebbe timore di subire le sanzioni economiche dei paesi capitalistici e il loro boicottaggio politico pur di aiutare i comunisti afghani nel 1979. Anche in America Latina essa sostenne, oltre a Cuba (che costava all’URSS 10 milioni di dollari al giorno), la lotta di Salvador Allende in Cile e quella dei sandinisti in Nicaragua.
Come mai allora non vi fu un sostegno del genere in Bolivia? “È per noi inconfutabile che gli obiettivi della politica di pace dell’Unione Sovietica e quelli della politica della classe operaia e dei partiti comunisti dei paesi capitalisti sono perfettamente identici. (…) Ma tale comunanza di scopi non implica che in qualsiasi momento, in tutte le azioni e problematiche, debba esserci una piena coincidenza tra la tattica seguita dal proletariato e dai partiti comunisti, che combattono ancora per il potere, e le concrete misure tattiche del proletariato sovietico e del PC(b) dell’URSS, che nell’Unione Sovietica sono già detentori del potere” (Palmiro Togliatti, I preparativi della guerra imperialista e i compiti dell’Internazionale Comunista, in VII Congresso dell’Internazionale Comunista. Relazioni e risoluzioni, Berlino, 1975, p. 218).
L’Unione Sovietica non era un paese qualunque, bensì il paese più grande del mondo, con forze armate potentissime ed armi nucleari. Ogni sua mossa era attentamente osservata dagli imperialisti, pronti a far scoppiare una guerra mondiale utilizzando qualsiasi pretesto. Era essenziale non esporsi eccessivamente, mantenere la coesistenza pacifica e assicurare le migliori condizioni per l’edificazione del socialismo e la difesa della pace. E’ possibile che nel caso boliviano l’URSS non abbia fornito il suo aiuto a causa della congiuntura geopolitica sfavorevole o di considerazioni di ordine tattico, magari sbagliando, ma ciò non pregiudica gli indubbi meriti della politica estera sovietica nel sostegno alla lotta antimperialista in tutti i continenti. E l’URSS non poteva certamente “ordinare” ai partiti comunisti di altri paesi di agire secondo i suoi dettami; basti pensare a quale grado di libertà d’azione e di divergenza dalla linea sovietica giunsero in Europa Tito e Ceausescu, figurarsi i comunisti dell’America Latina!
Quanto al trotskismo, non si tratta solo delle opinioni di Guevara e di Castro (il quale ha definito il trotskismo come un “volgare strumento dell’imperialismo e della reazione”: www.pl.org.ar/articulo/el-troskismo...o-y-la-reaccion), ma anche della ben concreta opposizione del “Partito Operaio Rivoluzionario” trotskista alla rivoluzione cubana.
view post Posted: 4/5/2014, 14:10 Saluti staliniani - PRESENTAZIONI
Ottimo, compagno, ti ringrazio. Inserisci pure quello più grande; nel frattempo, io ho già inserito il vostro, anch'esso nella sua versione più grande. ;)
view post Posted: 4/5/2014, 13:59 IL SOCIALISMO SECONDO ERNESTO CHE GUEVARA - PENSIERO POLITICO E FRASI CELEBRI DEL CHE
Condivido assai poco di questo articolo di Michael Löwy, che sottende un palese intento di critica «sinistroide» contro il socialismo reale, interpretando il pensiero di Guevara in modo tendenzioso e parziale.
Cominciamo con la lettera ad Armando Hart, menzionata all’inizio. In essa, è vero, si critica lo scolasticismo di certe pubblicazioni manualistiche sovietiche – difetto peraltro più volte constatato e criticato da Stalin, Zdanov, Suslov e altri dirigenti bolscevichi. Ma se prendiamo il testo integrale della lettera, ci imbattiamo in un piano di pubblicazione dei classici del marxismo a Cuba. Al punto V di questo piano si legge: «Si sta già realizzando, ma senza alcun ordine e mancano opere fondamentali di Marx. Qui sarebbe necessario pubblicare le opere complete di Marx ed Engels, Lenin, Stalin e altri grandi marxisti». La sottolineatura del nome di Stalin è presente nel testo originale di Guevara, come si può constatare osservandone la riproduzione fotografica pubblicata nel libro di Armando Hart Dávalos Marx, Engels y la condición humana. Una visión desde Cuba (Editorial de Ciencias Sociales, La Habana, 2005, pp. XLIII-XLVIII).
E che ne è di Trotskij? Al punto VII il Che scrive: «Qui verrebbero i grandi revisionisti (se volete potete metterci Jruschov), bene analizzati; più profondamente che nessun altro, e dovrebbe starci il tuo amico Trotsky che è esistito e ha scritto, a quanto pare». Questa laconica frase, in cui Trotskij è caratterizzato come il più abietto e pericoloso dei revisionisti, è tale da render vano sin dall’inizio qualsiasi tentativo di raffigurare Guevara come un trotskista.
Ciò risulta ancora più evidente allorché confrontiamo alcuni degli assiomi più classici del trotskismo con il pensiero guevariano.
I trotskisti hanno sempre negato la possibilità di edificare il socialismo in un solo paese. Al contrario, «la società socialista si può affermare anche in un solo paese, anche nelle condizioni del più accanito accerchiamento imperialista, come quello che ha dovuto affrontare I ‘Unione Sovietica» (E. Guevara, La costruzione del partito, 23 marzo 1963).
I trotskisti sono convinti assertori della «esportazione della rivoluzione» con la forza delle armi. E invece: «Noi sosteniamo, mille e una volta, che le rivoluzioni non si esportano. Le rivoluzioni nascono nel seno dei popoli. (…) Poi si possono, appoggiare o meno i movimenti di liberazione; li si può aiutare, soprattutto moralmente, Ma la realtà è che le rivoluzioni non possono essere esportate» (E. Guevara, La nostra è una lotta all’ultimo sangue, 11 dicembre 1964).
I trotskisti raffigurano lo stalinismo come una sorta di termidoro controrivoluzionario. All’opposto, il Che disse una volta ad un critico: «Mi ascolti bene, ogni rivoluzione, lo voglia o no, le piaccia o no, sconta una fase inevitabile di stalinismo, perché deve difendersi dall’accerchiamento capitalista» (K.S. Karol, La guerriglia al potere, Mondadori, 1970, p. 53).
I trotskisti criticano i paesi socialisti, in particolare l’URSS, per la pretesa assenza di libertà e democrazia. Dopo aver visitato di persona l’URSS nel 1961, il Che dichiarò: «Anche io, arrivando in Unione Sovietica, mi sono sorpreso perché una delle cose che si nota di più è l’enorme libertà che c’è (…) l’enorme libertà di pensiero, l’enorme libertà che ha ciascuno di svilupparsi secondo le proprie capacità ed il proprio temperamento» (E. Guevara, Scritti, discorsi e diari di guerriglia, Einaudi, 1969, p. 946).
Taluni adducono come prova dell’aderenza del Che al trotskismo il fatto ch’egli, durante la guerriglia in Bolivia, leggesse, fra gli altri testi, La rivoluzione tradita di Trotskij. Anche nella succitata lettera a Hart, il Che accenna alla necessità di pubblicare le opere di Trotskij, ma lo fa unicamente al fine di uno studio critico; anche nell’immensa biblioteca di Stalin era presente una copia di tutte le opere principali dei suoi avversari, Trotskij compreso, senza per questo condividerne le idee. Il Che ha formulato un giudizio estremamente preciso sul trotskismo: «Io credo che nelle questioni fondamentali su cu si fondava, Trotskij commetteva degli errori; credo che il suo comportamento posteriore fu erroneo e negli ultimi tempi anche oscuro. Credo che i trozkisti non abbiano apportato nulla al movimento rivoluzionario, in nessun paese, e dove hanno fatto di più hanno fallito perché i metodi erano sbagliati» (E. Guevara, Discorso al ministero dell’Industria, 5 novembre 1964).
Per quanto concerne il tanto strumentalizzato «Discorso d’Algeri», leggiamo il passo incriminato nella sua interezza: «Dobbiamo preparare le condizioni perché i nostri fratelli entrino direttamente e coscientemente per la via dell’abolizione definitiva dello sfruttamento, ma non possiamo invitarli a entrare, se noi siamo complici di tale sfruttamento. Se ci domandassero quali sono i metodi per fissare prezzi equi, non potremmo rispondere, non conosciamo la grandezza pratica di questo problema; solo sappiamo che, dopo varie discussioni politiche, l’Unione Sovietica e Cuba hanno firmato accordi vantaggiosi per noi mediante i quali potremo vendere fino a cinque milioni di tonnellate a prezzi fissi superiori a quelli normali del cosiddetto mercato libero mondiale dello zucchero. La Repubblica Popolare Cinese mantiene anch’essa questi prezzi di acquisto» (E. Guevara, Questa grande umanità, Newton Compton, 2003, p. 237).
Come si vede, con l’URSS e con la Cina il problema era stato sostanzialmente già risolto. I paesi socialisti cui si riferiva erano evidentemente altri. Del resto, la politica sovietica verso i paesi progressisti di recente indipendenza era proprio quella di aiutarli a sviluppare un’economia nazionale indipendente. Ecco come ciò avveniva in pratica:

Al neocolonialismo, che rappresenta la minaccia principale allo sviluppo indipendente dei PVS [Paesi in via di sviluppo], si oppone l’aiuto fraterno e disinteressato dei Paesi socialisti, che sostengono i giovani Stati nella loro lotta per l’indipendenza economica e per i progresso sociale.
Le potenze imperialiste dirigono malvolentieri i propri capitali e aiuti statali nella creazione dell’industria pesante nei PVS. Per i Paesi socialisti la priorità nell’aiuto ai PVS è data proprio all’edificazione di aziende di industria pesante. Essi collaborano con i PVS per gettare le basi dell’industria energetica, di quella metallurgica e di quella meccanica, oltre che a fornire aiuto per organizzare i settori che produrranno i beni di consumo. Attualmente la sola Unione Sovietica ha accordi di cooperazione economica e tecnica con 39 PVS di Asia, Africa e America Latina, in virtù dei quali 330 aziende sono già state installate e messe in opera. Il totale complessivo dei crediti a lunga scadenza erogati dall’URSS e destinati allo sviluppo economico ammonta a 5 miliardi di rubli. Circa il 70% di questi fondi va allo sviluppo industriale. Le imprese costruite dagli Stati socialisti sono dotate delle attrezzature più moderne e impiegano le tecnologie più avanzate. E’ naturale quindi che ciascuna di queste imprese contribuisca per una quota significativa alla produzione nazionale in quel settore. Ad esempio, la fabbrica metallurgica di Bhilai in India, costruita con l’aiuto dell’URSS, produce da sola il 30% del totale nazionale dei metalli ferrosi. La centrale idroelettrica di Assuan in Egitto, costruita grazie all’assistenza economica e tecnica dell’URSS, fornirà ogni anno energia elettrica in quantità 2 volte maggiore di quanto ne erogano ora tutte le centrali della Repubblica Araba Unita messe insieme.
Molto importanti inoltre sono le condizioni a cui si presta aiuto economico ai PVS. I crediti dell’Unione Sovietica e dei Paesi socialisti sono generalmente restituiti sotto forma di forniture di merci o di pagamenti in valuta locale. In quest’ultimo caso i soldi sono reinvestiti dai creditori per comprare merci prodotte in loco, al fine di permettere ai giovani Stati di incrementare le vendite dei loro prodotti. Questo è molto importante per loro, dal momento che gli risulterebbe ancora difficile competere sul mercato mondiale con altri produttori. Il credito erogato ha una scadenza di 12 – 15 anni, vale a dire il tempo necessario per completare la costruzione dell’azienda; il saldo del credito può avvenire tramite la fornitura della produzione dell’azienda stessa. Il tasso d’interesse applicato alla somma prestata è molto basso, del 2,5 – 3 % annuo. Inutile dire che queste condizioni vantaggiose, offerte dall’Unione Sovietica e dagli altri Paesi socialisti, costringono anche i Paesi imperialisti ad abbassare i tassi d’interesse dei loro crediti.
Un tipo molto importante di aiuto da parte dei Paesi socialisti è la cooperazione con i PVS per la formazione di quadri nazionali nell’economia e nella cultura. Ciò è attuato sia sul posto, durante il processo di realizzazione e di attivazione del progetto in questione, sia nelle università dell’URSS e degli altri Paesi socialisti, sia costruendo istituti universitari nei PVS stessi. La sola URSS ha costruito oltre 100 università, istituti tecnici universitari, scuole superiori e centri di formazione. Per i PVS la formazione di quadri locali, tecnici e intellettuali, è un obbiettivo importantissimo e l’aiuto fraterno degli Stati socialisti permette loro di realizzarlo.
Di conseguenza, l’entità, la natura e le condizioni dell’aiuto economico fornito dal sistema socialista mondiale ai Paesi che stanno lottando per l’indipendenza economica, rafforza la loro posizione nei confronti dell’imperialismo e li aiuta a combattere il neocolonialismo. I popoli di questi Paesi hanno modo di vedere con la loro esperienza diretta chi è il loro vero amico.
(AA.VV., Economia Politica, Mosca, Politizdat, 1971, pp. 149-151)

Commercio vantaggioso per i paesi in via di sviluppo e svantaggioso per l’URSS, prestiti a basso tasso d’interesse, formazione dei quadri tecnici ed economici per questi paesi, supporto militare in caso di necessità, e così via: l’aiuto dell’URSS ai paesi in via di sviluppo era davvero vasto e multiforme.
view post Posted: 3/5/2014, 14:31 Saluti staliniani - PRESENTAZIONI
Grazie, compagno. Tieni conto che non è un vero banner, bensì un'immagine con un link incorporato. In alternativa, possiamo usare anche un'altra immagine più piccola.
view post Posted: 3/5/2014, 14:13 Saluti staliniani - PRESENTAZIONI
Grazie, fin qui ci sono. E' possibile inserire all'interno uno pseudobanner come questo, magari un po' rimpicciolito?

view post Posted: 3/5/2014, 14:06 Saluti staliniani - PRESENTAZIONI
Compagno Zino2010, non è che sai anche come creare banner (quello del mio forum è solo un surrogato di banner) con il rispettivo codice da inserire nella homepage?
view post Posted: 3/5/2014, 13:52 Saluti staliniani - PRESENTAZIONI
Ok. Anch'io devo ancora elaborare un codice, ma non so come si faccia. Voi siete capaci, compagni?
view post Posted: 3/5/2014, 13:51 Che Guevara parla della Corea socialista - PENSIERO POLITICO E FRASI CELEBRI DEL CHE

kim_che


Che Guevara parla della Corea socialista

estratto dall’apparizione televisiva nel contesto della firma degli accordi con i Paesi socialisti
6 gennaio 1961


Fra i Paesi socialisti che abbiamo visitato personalmente, la Corea è uno dei più straordinari. Forse è quello che più ci ha impressionato rispetto agli altri. Ha solo 10 milioni di abitanti e l’estensione di Cuba, un po’ meno, circa 110mila kmq; la stessa estensione territoriale della parte sud della Corea, però con la metà degli abitanti. È stata devastata a causa di una guerra così incredibilmente distruttiva che delle sue città non rimase nulla, e quando uno dice niente è niente; è come i piccoli villaggi che gente come Merob Sosa e Sánchez Mosquera bruciava qui, e dei quali non rimaneva nient’altro che cenere. Così rimase, ad esempio, Pyongyang, che è una città di un milione di abitanti. Oggi non si vede un solo resto di tutta quella distruzione; tutto è nuovo. L’unico ricordo che resta sono, in tutte le strade, i buchi delle bombe che cadevano una dopo l’altra.
Essi mi hanno mostrato molte fabbriche, tutte ricostruite ed altre nuove, e ogni fabbrica aveva subìto fra 30 e 50mila bombe. Se ci facciamo un’idea di ciò che erano 10 o 12 bombe sganciate attorno a noi nella Sierra, che significava un bombardamento terribile, e bisognava avere una bella dose di coraggio per sopportare queste bombe, immaginate cosa significano 30mila bombe lanciate in uno spazio di terra a volte minore di quello di una caballería (unità di misura utilizzata in Spagna e in Sud America: la caballerìa cubana equivale a 13.420 ettari. NdT).
La Corea del Nord uscì dalla guerra senza nemmeno un’industria in piedi, perfino senza animali. In un’epoca in cui la superiorità aerea dei nordamericani era tanto maggiore, ormai non avevano nient’altro da distruggere, quindi gli aerei si divertivano uccidendo bovini e ciò che incontravano. Era davvero un’orgia di morte quella che si abbatté sulla Corea del Nord in soli due anni, al terzo anno apparvero i Mig-15 e la cosa cambiò, però questi due anni di guerra significarono forse la distruzione sistematica più barbara mai compiuta.
Tutto ciò che si può raccontare sulla Corea del Nord sembra una falsità. Per esempio, nelle foto si vede gente con odio, quest’odio dei villaggi quando arriva alla parte più profonda dell’essere, che si vede nelle foto delle caverne dove entrano 200, 300 o 400 bambini, di un’età di 3 o 4 anni, e vengono uccisi lì con il fuoco o con il gas; gli squartamenti delle persone, l’uccisione di donne incinte a baionettate per farle uscire il figlio dal grembo; il bruciare i feriti con i lanciafiamme; le cose più inumane che possa immaginare la mente umana furono compiute dall’esercito di occupazione nordamericano. E arrivò quasi al confine della Corea con la Cina, e occupò in un certo momento quasi tutto il Paese. Sommato al fatto che in ritirata distruggevano tutto, possiamo dire che la Corea del Nord è un Paese che si è rialzato dalla morte. Ovviamente ha ricevuto l’aiuto dei Paesi socialisti, soprattutto dall’Unione Sovietica, in una forma ampia e generosa. Ma ciò che più impressiona è lo spirito di questo popolo. È un popolo che uscì da tutto ciò dopo una dominazione giapponese di 30 anni, da una lotta violenta contro la dominazione giapponese senza nemmeno avere un alfabeto. Sarebbe a dire che, in questo senso, era uno dei popoli più arretrati del mondo. Oggi ha una letteratura e una cultura nazionale, un ordine nazionale e uno sviluppo praticamente illimitato della cultura. Ha un insegnamento secondario fino al nono grado, obbligatorio per tutti.
Hanno nell’industria il problema che forse abbiamo anche noi oggi, o che avremo fra 2 o 3 anni, che è il problema della mancanza di manodopera. La Corea sta meccanizzando rapidamente tutta l’agricoltura affinché la manodopera sia sufficiente per poter realizzare i suoi piani, e si sta anche preparando per portare ai fratelli della Corea del Sud il prodotto delle fabbriche di tessuti e di altro tipo, per aiutarli a sopportare il peso della dominazione coloniale nordamericana.
È, davvero, l’esempio di un Paese che grazie ad un sistema e a dirigenti straordinari, come è il maresciallo Kim Il Sung, ha saputo uscire dalle disgrazie più grandi per essere oggi un Paese industrializzato.
La Corea del Nord potrebbe essere per qualsiasi persona di Cuba il simbolo di uno dei tanti Paesi asiatici arretrati. Invece noi gli vendiamo uno zucchero semilavorato come lo zucchero crudo, ed altri prodotti ancora grezzi come l’agave tessile, e loro ci vendono torni, macchine di ogni tipo, macchine per miniere, vale a dire prodotti che richiedono una elevata capacità tecnica per essere fabbricati. Per questo è uno dei Paesi che più ci entusiasma.

Questo testo è un estratto dal discorso che il Che tenne alla televisione cubana al rientro da un viaggio della delegazione cubana nei paesi socialisti.
Non ci risulta sia stato pubblicato in Italia. Questa traduzione è stata eseguita sul testo pubblicato in rete nel sito web dell’ELN colombiano, che mette a disposizione l’opera completa del rivoluzionario argentino.
view post Posted: 3/5/2014, 13:42 Saluti staliniani - PRESENTAZIONI
Grazie per il benvenuto. Anche per voi vale lo stesso: sul mio forum sarete i benvenuti. Vi proporrei un'affiliazione fra i nostri due forum, se solo fossi in grado di inserire un banner nella homepage (in campo grafico sono un ignorante assoluto).
view post Posted: 3/5/2014, 13:21 Saluti staliniani - PRESENTAZIONI
Salve a tutti, compagni. Ho saputo dell'esistenza del vostro forum grazie allo spam di almarebelde sul mio. Ideologicamente sono un marxista-leninista brežneviano e tengo perciò in grande considerazione la teoria e la prassi di Ernesto Che Guevara, di cui ho letto alcuni scritti e di cui vorrei approfondire il pensiero, e dei comunisti cubani in generale.

Hasta siempre!
view post Posted: 3/5/2014, 13:09 Comunismo forum - SPAM. AFFILIAZIONI - GEMELLAGGI. REGOLAMENTO FORUM FREE, FORUM COMMUNITY E BLOG FREE

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